Massima allerta di Poroshenko: venti di guerra nel Bacino di Donec

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petr poroshenko

Soffiano nuovamente i venti di guerra nel Bacino del Donec. Il presidente ucraino Petr Poroshenko ordina la “massima allerta” alle truppe dislocate al confine con la Crimea ed il Donbass. La guerra nell’est dell’Ucraina era scoppiata nell’aprile del 2014 quando, dopo il rovesciamento del presidente filosovietico Viktor Ianukovich, il Paese era uscito dall’orbita della Russia ed aveva avviato un progressivo avvicimanento all’Europa della Nato.

Il teatro della guerra ha visto contrapposti l’esercito regolare ucraino e i ribelli paramilitari delle province di Donetsk e Luhansk che, pur non avendo un ufficiale appoggio russo, operavano su un territorio a maggioranza russa ed erano sostenuti da diversi movimenti di opinione direttamente da Mosca. Dopo circa 9 mila morti, nel febbraio 2015 si è arrivato ad un accordo per il cessate il fuoco con la Russia e i rappresentanti di Ucraina, Francia e Germania, accordo ratificato nel settembre scorso.

Da allora, una sorta di “drolê de guerre”, con scontri meno cruenti ed un numero di vittime mai preoccupante rispetto ai dati censiti dalla fine ufficiale delle ostilità. Tuttavia, oggi, assistiamo a numerosi elementi preoccupanti. Il Consiglio di Sicurezza si è riunito d’urgenza sulla situazione in Crimea, convocazione richiesta dall’ambasciatore ucraino all’ONU Volodymyr Yelchenko e la Nato osserva con preoccupazione le tensioni tra Russia e Ucraina e gli sviluppi della situazione.

Già dai mesi scorsi si notavano la presenza di mezzi corazzati, T-64, tra le file dei ribelli filorussi e movimenti di truppe al confine. Il susseguirsi di tali atti di pressione consentirebbero ai separatisti russi atti di rafforzare la propria posizione in caso di possibili negoziati di pace con l’Ucraina.

Sebbene la non ufficiale partecipazione della Russia al conflitto, tutto lascia pensare che la stessa Russia non sia interessata ad una soluzione finale della crisi, e di contro abbia tutto l’interesse a mantenere basso il livello del conflitto, consentire azioni “soft” con picchi di tensione, in modo da mantenere una certa pressione sul governo di Kiev.

La Russia, oggi è sempre più la discriminante geopolitica dell’area che va dal Caucaso al Medio Oriente. Dopo l’intervento in Siria ed il rafforzamento di  Bashar al-Assad, dopo i nuovi accordi con Erdogan e la rinata alleanza con la Sublime porta, un’escalation in Ucraina da parte dei filorussi potrebbe esattamente avere conseguenze diplomatiche nuove dove la Russia non ha interesse a una vera e propria pace, ma piuttosto vuole mantenere uno stato di sostanziale congelamento del conflitto. In questa maniera, le zone controllate dai ribelli cadrebbero in una situazione di isolamento e radicalizzazione e, prima o poi, finirebbero definitivamente nell’orbita di Mosca, rafforzando ancor di più la sua egemonia. (davide bruno)